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TV e spettacolo

Netflix e la sindrome della mediocrità: perché i suoi film non ci emozionano più (secondo la scienza)

Uno studio svela perché i film Netflix deludono: troppi contenuti mediocri, poca identità e star in declino. Ecco la spiegazione scientifica.

C’è stato un tempo in cui ogni nuova uscita Netflix sembrava un piccolo evento. Oggi, invece, l’effetto è un po’ diverso: tra produzioni dimenticabili e blockbuster senz’anima, la piattaforma di streaming più potente del mondo sembra soffrire di un problema con le proprie produzioni, spesso deludenti (e in questo caso non vale il detto melius abundare quam deficere).

Netflix e la sindrome della mediocrità: perché i suoi film non ci emozionano più (secondo la scienza) – rolandschool.it

E la scienza ha provato a spiegarci il perché di questo fenomeno: uno studio pubblicato da Daniel Parris per Stat Significant ha analizzato anni di uscite Netflix, individuando il vero punto debole – una sovrapproduzione di contenuti mediocri che, pur garantendo numeri record, diluisce l’impatto artistico e la memoria emotiva del pubblico.

Dalla qualità alla quantità: la montagna russa del catalogo Netflix

Nel catalogo del colosso americano convivono due anime. Da una parte, capolavori come The Irishman di Scorsese, Roma di Alfonso Cuarón o Storia di un matrimonio di Noah Baumbach, che hanno conquistato premi e critica.
Dall’altra, una valanga di film costruiti “in serie”, pensati per lo streaming del venerdì sera: action spettacolari, commedie romantiche tutte uguali a se stesse, thriller usa-e-getta e, naturalmente, le immancabili pellicole natalizie (senza però l’anima dei cinepanettoni).

Secondo Parris, questa strategia quasi bulimica di proudzione è alla base del problema: mentre i film d’autore servono a Netflix per ottenere prestigio a Hollywood, la maggior parte delle produzioni punta solo a mantenere l’attenzione dell’utente per qualche ora — senza preoccuparsi di lasciare un segno (quante volte v’è capitato di vedere un film e dimenticarvene subito dopo?).

Persino i numeri lo confermano: confrontando i punteggi medi su IMDb e Letterboxd, le pellicole Netflix risultano costantemente inferiori rispetto a quelle distribuite nei cinema tradizionali.

Star in declino, registi anonimi e tanti investimenti sbagliati

Un altro fattore curioso riguarda il casting: Netflix sembra spesso puntare su attori molto noti ma in fase calante (giusto per fare alcuni nomi: Mark Wahlberg, Halle Berry, Kevin Hart – attori provenienti da altri decenni). Scelte che assicurano qualche ora di visualizzazione in più (sono pur sempre nomi che hanno il loro chiamo) ma che non garantiscono qualità.
Un altro problema? Il nome del regista del film Netflix raramente dice qualcosa. Molti grandi registi continuano a preferire il cinema tradizionale, anche rinunciando a compensi più alti, perché il legame con la sala e con il pubblico “dal vivo” resta più forte.

Finché Netflix non riuscirà a convincere più autori di peso a scommettere davvero sulle sue produzioni — e non solo per motivi economici — il rischio è quello di continuare a offrire montagne di film che scivolano via senza lasciare traccia, alimentando il fenomeno del “film che si guarda, ma non si ricorda”.

D’altra parte è anche una questione di budget: il budget medio di Netflix è più basso rispetto ai grandi studi di Hollywood — Disney, Warner Bros., Paramount — ma il problema è anche che in assoluto l’azienda investe tanto, ma su troppi progetti mediocri (sarebbe probabilmente una strategia migliore proporre meno film a più alto budget). Il paradosso è che proprio nel successo della piattaforma si nasconde la sua stessa fragilità: in un mare di titoli, nessuno spicca davvero.

Rocco Di Vincenzo

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Rocco Di Vincenzo

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